IL MINESTRONE DEL PENDOLARE

Prime nebbie d’autunno, estate nel cuore. Da ragazzo certe volte cerchi di essere malinconico ma con il tempo che passa un poco lo diventi. A questa età puoi conoscere il sottile gusto della malinconia. E ricordi. E’ quasi ora di cena anzi lo era da un po’. Infatti il soffio della notte già si sente nella sera. Maledetta ora solare. Il treno da Milano arriva con una buona mezza di ritardo. Bocca amara, alito pesante. Ossa rotte. E’ tardi in casa. Desco spoglio. Piatti scomposti. Macchie di umido sulla tovaglia. Gessosa mozzarella, finocchio lesso con spruzzi di parmigiano, prosciutto cotto che profuma oramai di frigo. Sembrano una natura morta sulla tavola, opera di un pittore metafisico. Esplorazione di frigo e tra il dimenticato cartoccio di provolone e uno yogurt scaduto, giace in una terrina, silenziosa ma invitante. Un fascino sottile, quasi solare: il minestrone. Freddo e asettico, una leggera velatura opaca, pezzi di carota colorano assieme ai fagioli la superficie. Tagliolini casalinghi si intravedono sul fondo. Qualche pezzo di patata. Si butta in un tegame sul fuoco. Si scalda, ritorna cremoso. Troppo brodo, via, ora spacchi due uova e buona dose di parmigiano appena grattato, mescolare dolcemente, con cucchiaio di legno. Ora il composto può attendere una attimo. Ci vuole una buona bonarda, croatina in purezza, giovane elegante e briosa. Ora puoi anche ascoltare voci familiari, ognuno con voglia di interessarti. Puoi anche fingere di ascoltare. Riguardi il minestrone e ti sovviene la storia di Bertoldo e Re Alboino che transita da Retorbido. Entra in una casupola e trova un calderino sulla cenere fredda con un avanzo di pasta e fagioli. Senza por tempo frammezzo, ravviva il fuoco, rompe due uova e con cucchiaio di legno mescola, mescola sino a quando amalgama il composto. Poi direttamente dal calderino si ingozza del composto. Sopraggiunge Bertoldo che vista la scena deglutisce. Si avvicina al calderino e timidamente dice “Che buona la pasta riscaldata, è la pietanza che preferisco. Peccato che a casa mia non la si possa mangiare”. Re Alboino stupito invitandolo ad affondare il cucchiaio nel “regal paiolo” chiede il motivo per una così sciocca affermazione. E Bertoldo prontamente risponde:”Vedi o mio Re, a casa mia di pasta a mezzodì non se ne avanza mai!" Ridacchi fra te e te mentre nella stanza senti ma lontano lontano il chiacchiericcio…..”oggi all’IPER ho incontrato che mi ha detto, che ha visto che gli ha detto…..” Un altro goccio di bonarda che aumento il flaveur, poi prendi nera padella di ferro pulita ma che non conosce la lavastoviglie, strofinala poi falla intiepidire. Bianca noce di burro che si scioglie sfrigolando. Versa il composto del tegame e dagli una forma di frittata. Ora è gourmet, haute cuisine, alta cucina, fuoco basso e polso fermo. Scuoti leggermente la padella, il composto si adatta, aggiungi burro, poi fai scivolare la pseudo frittata su di un piatto e la rivolti nell’altro senso nella calda padella per cuocere l’altra faccia della luna. Intervieni con cucchiaio di legno a pareggiare il composto. Calma, calma deve essere tutto a puntino. Croccante di fuori e morbida e soffice dentro. Mangia muy caliente. Spezza la crosta con i sebbi della forchetta, morbida ed arrendevole. Manca un poco di cipolla, sarà per la prossima volta. Bocca untuosa, bevi la giovane bonarda pulisci bocca. Profumi di frutti rossi, leggermente tannico, fresco. Godimento intenso, sgrassante. Una bocca umidiccia si avvicina alla tua guancia per una buona notte. Se ne va caracollando verso morbido giaciglio sognando prati in technicolor. Sempre per bontà vostra GIU.BA. (da una idea riveduta e corretta di Stafulis)

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